L’ossigenoterapia, fornendo ai polmoni ossigeno concentrato, riesce a compensare in parte il deficit respiratorio associato con l’IPF, riducendo la dispnea e migliorando la capacità d’esercizio, il benessere generale dell’organismo e la qualità di vita dei pazienti.
Nel caso della IPF, al momento non esistono prove dirette che l’ossigenoterapia possa aumentare anche la sopravvivenza, ma esiti favorevoli in questo senso sono stati ottenuti in studi condotti su pazienti con patologie ostruttive, in particolare la BPCO.
L’ossigenoterapia deve essere effettuata a lungo termine, a domicilio, durante tutto l’arco della giornata o soltanto nelle ore di maggior compromissione respiratoria. L’ossigeno necessario è contenuto in bombole trasportabili e deve essere inalato mediante tubicini flessibili da inserire nelle narici o attraverso una mascherina, con cui coprire naso e bocca.
Al pari delle terapie farmacologiche, l’ossigenoterapia deve essere prescritta dal medico, sulla base di un’attenta valutazione preliminare e dopo aver bilanciato pro e contro del trattamento nel contesto di vita del paziente.
Le modalità di erogazione e fornitura dell’ossigeno, con costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), possono variare da Regione a Regione, in funzione della regolamentazione locale.