I controlli periodici

Il paziente affetto da IPF deve essere inserito in un piano di monitoraggio attento e frequente, con controlli clinico-funzionali periodici (in genere trimestrali o semestrali) che servono per valutare lo stato della malattia, la tolleranza e la aderenza alla terapia.


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Per effettuare una corretta diagnosi dell’IPF e valutare l’andamento della malattia, possono essere necessari diversi accertamenti, che possono comprendere:

  • Visita specialistica pneumologica: consiste in una visita medica svolta da un medico specialista in malattie dell’apparato respiratorio. In base ai sintomi (per es. mancanza di respiro, sensazione di oppressione al torace, tosse persistente), l’obiettivo della visita pneumologica è quella di riconoscere la presenza di malattie dell’apparato respiratorio, definire la terapia più adatta e seguire il decorso della malattia. La visita dura in media 20-30 minuti e non richiede alcuna preparazione. È però opportuno che il paziente porti con sé i referti di precedenti esami, visite e ricoveri ospedalieri. Il medico segue una procedura che prevede solitamente la raccolta della storia (la cosiddetta anamnesi) delle malattie della persona e dei suoi familiari più stretti, la storia dei disturbi più recenti. Questa parte della visita consiste quindi in un semplice dialogo tra medico e paziente e nella presa visione degli eventuali referti suddetti. Il medico rivolgerà inoltre domande volte a conoscere l’eventuale presenza di fattori dannosi per la salute e, soprattutto, quelli che possono favorire le malattie respiratorie: tipo di alimentazione, livello di attività fisica, lavoro svolto, eventuale dipendenza dal fumo, abuso di alcol, assunzione di farmaci. Segue quindi la visita vera e propria, ovvero l’esame dei vari distretti del corpo (cuore, torace e addome), con una particolare attenzione per l’apparato respiratorio. Per ascoltare i rumori respiratori il medico utilizzerà un semplice strumento che si chiama fonendoscopio (o stetoscopio). In base ai dati raccolti, il medico valuterà se emettere direttamente una diagnosi e l’eventuale terapia o proporre ulteriori accertamenti.
  • Esame del sangue: l’esame del sangue è volto a valutare i valori di diversi componenti del sangue per avere informazioni sulla salute dell’organismo. In tal senso, possono essere richiesti esami cosiddetti “di routine”, che servono ad avere informazioni generali sul funzionamento di vari apparati, ed esami più specialistici, mirati a indagare uno specifico sospetto diagnostico. Anche se molti laboratori evidenziano (per esempio, con un asterisco) i valori fuori norma, sarà sempre compito del medico assegnare un corretto significato ai dati raccolti. L’esame dura pochi minuti e viene effettuato tramite un semplice prelievo venoso. L’esame si esegue solitamente al mattino e – se richiesti determinati esami, per es. glicemia – a digiuno. L’operatore procede al prelievo mediante alcune semplici fasi: disinfetta la parte dell’avanbraccio dove inserirà l’ago, applica il laccio emostatico per aumentare la presenza di sangue nella vena dove verrà effettuato il prelievo e, sempre per tale motivo, chiede al paziente di chiudere il pugno, inserisce quindi l’ago nella vena più evidente. Inserito l’ago, il paziente può riaprire la mano ed essere allentato il laccio emostatico. Terminato il prelievo, viene rimosso l’ago, medicata la sede della puntura (un semplice cerotto, da tenere per una decina di minuti) e trasferito il sangue in una o più provette, a seconda del tipo di esami prescritti. L’esame può provocare un lieve dolore (un semplice pizzicore) al momento dell’inserimento dell’ago. Si tratta di un fastidio di un istante e assolutamente sopportabile. La percezione viene ridotta se ci si distrae, magari chiacchierando con l’operatore che segue il prelievo.

Guarda il video per una panoramica sul monitoraggio dell’IPF

  • Radiografia del torace: È un esame eseguito mediante l’utilizzo di raggi X che consente di sviluppare un’immagine che evidenzia i tessuti esaminati con varie gradazioni di bianco e nero. Le strutture più compatte, come le ossa appaiono più bianche, mentre i tessuti meno compatti appaiono più o meno chiari, dove è la densità è minore (per es. per presenza di aria) il colore appare nero. L’immagine può essere quindi stampata su lastra oppure, come accade sempre più frequentemente ai giorni nostri, viene digitalizzata e riportata su un CD. La radiografia del torace è soprattutto mirata a studiare le malattie dell’apparato respiratorio (bronchi, polmoni e pleure) e dello scheletro toracico. In caso di determinate alterazioni, il medico valuterà se proporre ulteriori esami più approfonditi come la tomografia computerizzata (TC) del torace, senza o con mezzo di contrasto.
    L’esame dura circa 5 minuti e non richiede alcuna particolare preparazione. Le uniche avvertenze sono quelle di indossare abiti comodi e rimuovere eventuali oggetti metallici (collane, anelli, piercing).  La persona, stando in piedi, viene posta in corrispondenza dell’apparecchiatura radiografica in un apposito locale. Al momento della radiografia, l’operatore chiede al paziente di eseguire un respiro profondo e trattenere l’aria. Si esegue un’immagine frontale e una laterale. In casi particolari, possono essere richieste ulteriori specifiche posizioni. L’esame è di per sé innocuo. Infatti, le attuali apparecchiature radiologiche e le nuove procedure di schermatura, consentono un impatto minimo di radiazioni sull’organismo, rispetto al passato. L’esame può essere quindi eseguito su tutti, tranne che sulle donne in gravidanza.
  • Tomografia computerizzata (TC): La tomografia computerizzata (TC o TAC) è un esame che utilizza in raggi X e un sistema computerizzato che consente di riprodurre immagini di sezioni o strati (tomografia) del corpo. Da questi dati, il computer può anche elaborare immagini tridimensionali. L’esame dura di per sé 15-20 minuti. Solitamente non è richiesta alcuna preparazione. In casi particolari, può essere opportuno il digiuno e comunque, eventuali dettagli sulla preparazione da eseguire, vengono chiaramente indicati al momento della prenotazione dell’esame. Per eseguirlo, viene chiesto alla persona si accomodarsi su un lettino, il cui movimento viene controllato attraverso il computer. L’apparecchiatura che emette il fascio di raggi X ruota attorno al paziente e, tramite un rivelatore sul lato opposto del punto di emissione, viene rilevata l’immagine di una sezione anatomica del paziente. Il lettino procede quindi lentamente all’interno di una sorta di tunnel, per ottenere molteplici sottilissime sezioni della parte del corpo da studiare. La sequenza delle immagini, elaborate da un computer, consente quindi di ricostruire dettagliatamente la zona esaminata, per evidenziare alterazioni anche minime. Spesso, per ottenere immagini ancora più precise, la TC viene eseguita utilizzando un mezzo di contrasto iodato per via endovenosa. L’esame viene quindi eseguito sia in condizione di base che dopo somministrazione del mezzo di contrasto. In quest’ultimo caso è necessario il digiuno per qualche ora e vengono solitamente prescritti alcuni esami del sangue (per es. creatininemia), per accertarsi che la funzionalità renale sia buona e poste alcune domande per ridurre il rischio, comunque molto basso, di allergie.
  • Broncoscopia: La broncoscopia è un esame che consente la visione diretta dei bronchi attraverso uno strumento chiamato endoscopio o broncoscopio. Il broncoscopio è un tubo molto sottile, flessibile e dotato di una telecamera a fibre ottiche. Quest’ultima serve al medico esaminante per orientarsi all’interno delle vie aeree polmonari (in particolare i bronchi) e identificare la zona di tessuto polmonare anomala, sulla quale può essere eventualmente eseguito un prelievo (biopsia). Talvolta la broncoscopia ha anche uno scopo terapeutico, come nel caso della rimozione di corpi estranei inalati accidentalmente.
    La persona deve essere a digiuno da almeno 3 ore e deve evitare di indossare oggetti e indumenti che possano creare impedimento all’esecuzione dell’esame (per es. occhiali, collane, apparecchi acustici) e, circa 30 minuti prima dell’esecuzione dell’esame, gli viene somministrato un anestetico locale (spray) o un sedativo (o entrambi) e applicato un catetere endovenoso, nel caso fosse necessaria la somministrazione di farmaci nel corso della procedura. L’esame vero e proprio può durare da 30 minuti a 60 minuti e si esegue introducendo il broncoscopio attraverso la bocca o il naso, sino a raggiungere delicatamente la trachea e i bronchi. Terminato l’esame, la persona rimane in osservazione per un paio d’ore, per essere sicuri che non vi siano problemi respiratori o piccoli sanguinamenti. Queste avvertenze valgono soprattutto per i pazienti che presentano alterazioni della coagulazione del sangue, malattie cardiache, asma bronchiale e malattie che potrebbero risentire della, seppur modesta, invasività dell’esame. Per via dell’anestetico, nelle ore successive all’esame, può presentarsi una passeggera sensazione di sonnolenza e di secchezza della bocca.
  • Biopsia polmonare: la biopsia consiste in un piccolo prelievo di tessuto polmonare che viene poi analizzato in laboratorio. Si esegue per completare la diagnosi di una sospetta malattia polmonare, quando gli altri esami non hanno dato un esito definitivo. Può essere ottenuta con tre diverse modalità:
    • biopsia broncoscopica, cioè nel corso della broncoscopia
    • agobiopsia, cioè esternamente al torace con un ago; in questo caso il prelievo viene accompagnato da un esame, come l’ecografia o la TAC, che consente di mirare meglio il punto del prelievo
    • biopsia “a cielo aperto”, cioè nel corso di un intervento chirurgico; in quest’ultimo caso, trattandosi di un piccolo intervento chirurgico, con anestesia generale e breve ricovero, devono essere prima eseguiti prima un esame del sangue, un elettrocardiogramma e un controllo della pressione arteriosa. La persona deve essere inoltre a digiuno da almeno 8 ore.
  • Spirometria: la spirometria è un esame finalizzato allo studio della funzione respiratoria e si esegue tramite uno strumento chiamato spirometro. La spirometria dura pochi minuti; è una procedura semplice e non invasiva, che non richiede alcuna preparazione specifica. L’operatore chiede alla persona di effettuare una serie di manovre respiratorie attraverso un boccaglio monouso con il naso chiuso da uno stringinaso. La persona deve stringere con forza il boccaglio tra le labbra, per evitare perdite di aria. ll valore più importante da valutare con la spirometria è la capacità vitale forzata (CVF o FVC). Per misurarla l’operatore chiede alla persona di compiere dei normali respiri e quindi una inspirazione massima, seguita da una rapida e completa espirazione. Lo strumento, collegato a un computer, darà come risultato una curva (spirogramma) che sarà l’immagine della capacità respiratoria del paziente. In particolare la curva di espirazione forzata può indicare se è presente una insufficienza polmonare è di tipo restrittivo o ostruttivo.
    • Insufficienza di tipo restrittivo: le vie aeree hanno un calibro normale ma i polmoni hanno una ridotta capacità di espansione (per es. fibrosi polmonare) oppure risulta ridotta la superficie ventilatoria polmonare (per es. edema polmonare).
    • Insufficienza di tipo ostruttivo: si presenta un ostacolo al flusso espiratorio dovuto, per esempio, a una contrazione del calibro delle vie aeree (per es. asma) o alla presenza di muco (per es. bronchite).
      Nel caso di segni di ostruzione bronchiale, può essere valutata l’eventuale reversibilità del disturbo con una seconda spirometria effettuata dopo somministrazione di un broncodilatatore.
  • Emogasanalisi: l’emogasanalisi o, più precisamente, emogasanalisi arteriosa è un esame che valuta il livello di ossigeno presente nel sangue che scorre nelle arterie. Le arterie sono i vasi che trasportano il sangue in tutto il corpo, dopo che – passando dai polmoni – si è arricchito di ossigeno, liberandosi dall’anidride carbonica. Con l’emogasanalisi si misurano quindi i livelli circolanti di ossigeno e anidride carbonica e l’acidità del sangue (pH), per capire l’efficienza dello scambio di gas tra aria inspirata e sangue circolante, a livello dei polmoni. L’emogasanalisi consiste nel prelievo di un piccolo campione di sangue da un’arteria e nella successiva analisi di laboratorio del suddetto campione. Il prelievo può avvenire in tre punti anatomici differenti, quindi da tre arterie diverse. Le arterie da cui è possibile prelevare il campione di sangue per un’emogasanalisi sono: l’arteria radiale (polso), l’arteria brachiale (piega anteriore del gomito) e l’arteria femorale (a livello dell’inguine). La puntura di un’arteria è un po’ più dolorosa di quella di una vena (utilizzata per i comuni prelievi per le analisi del sangue), ciò è dovuto al fatto che le arterie risiedono più in profondità, rispetto alle vene e sono circondate da nervi. Per le persone particolarmente sensibili al dolore, può essere quindi utile la precedente iniezione di un anestetico locale, nel sito d’introduzione dell’ago. Disinfettato il punto del prelievo, inserito l’ago e prelevato il sangue con una siringa, l’ago viene estratto e viene quindi applicato un batuffolo di cotone e un piccolo bendaggio. Nel contempo, si mantiene una pressione con un dito sul punto della puntura per 5-10 minuti per arrestare più efficacemente il possibile piccolo sanguinamento successivo al prelievo.
  • Test del cammino: il test del cammino (o, in inglese, “walking test”) è più propriamente detto “test del cammino in 6 minuti”, in quanto viene chiesto alla persona di camminare per 6 minuti. Questo esame è finalizzato a valutare il livello di capacità di esercizio fisico, soprattutto in persone con problemi respiratori o con insufficienza cardiaca.
    Il cammino di 6 minuti avviene in un percorso delimitato, per esempio un corridoio lungo almeno 30 metri. Il paziente può camminare con l’andatura preferita, può effettuare soste e, se abituato a farlo, può utilizzare il bastone.  Durante il cammino viene monitorata in continuo la frequenza cardiaca e la saturazione di ossigeno del sangue. Il paziente indossa quindi due semplici strumenti portatili: un cardiofrequenzimetro e un saturimetro (una sorta di molletta che si applica a un dito di una mano). L’eventuale desaturazione (ovvero il calo dell’ossigeno) è considerata clinicamente significativa se scende al di sotto dell’88%. In tal caso, il test potrà essere ripetuto con la somministrazione di ossigeno. Anche se il test è facile e sicuro è opportuno che sia eseguito in un luogo dove si possa prontamente intervenire in caso di emergenza, tenendo a portata di mano un defibrillatore portatile, farmaci d’urgenza e ossigeno. È bene eseguire il test almeno un’ora dopo i pasti principali, non essere a digiuno e non deve avere eseguito alcuna attività fisica intensa nelle due ore precedenti il test. Durante il test vengono annotati dal personale sanitario la distanza totale percorsa, il numero delle soste effettuate, la percezione della fatica, la frequenza cardiaca e respiratoria e la pressione arteriosa (da confrontarsi con i valori rilevati prima del test). Al termine dell’esame, in taluni casi, può essere richiesto al paziente di eseguire un’emogasanalisi. Il paziente rimane comunque in osservazione per una decina di minuti, a riposo e seduto, rivalutando quindi che siano tornati ai livelli abituali i vari parametri (frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, pressione arteriosa, saturazione di ossigeno).

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