Nonostante intense ricerche, attualmente non si conosco ancora chiaramente né le cause della fibrosi polmonare idiopatica né i fattori o le caratteristiche individuali che possono indurne lo sviluppo. Sono comunque in corso diversi studi che permettono di formulare diverse ipotesi.
Fumo di sigaretta
Il fumo di sigaretta è la principale esposizione ambientale legata allo sviluppo dell’IPF, con diverse evidenze che supportano la possibilità che tale fattore di rischio permanga anche dopo l’eventuale cessazione del fumo. Il fumo di sigaretta potrebbe infatti produrre dei danni a livello dei geni coinvolti nello sviluppo dell’IPF. È inoltre noto che la malattia è più diffusa tra i fumatori e gli ex-fumatori.
Esposizione a sostanze tossiche
Allo stesso modo, l’esposizione a sostanze tossiche ambientali, organiche o inorganiche, potrebbe essere all’origine dell’infiammazione che innesca la patologia. Sostanze di questo tipo sono, per esempio, la polvere di silice, l’asbesto, i metalli pesanti, i gas e i fumi industriali, la segatura, le polveri e le proteine animali, già risultate implicate in altre malattie polmonari.
Per questa ragione, chi è impiegato nell’industria o svolge attività in ambito agricolo o a contatto con animali (in particolare, allevamenti avicoli) potrebbe essere a maggior rischio di fibrosi polmonare.
Altre patologie
Infezioni. Un maggior rischio di sviluppare IPF può riguardare anche chi è andato incontro ad alcune infezioni virali (per esempio, Epstein Barr virus, epatite C, herpes virus, citomegalovirus) o batteriche (in particolare, polmoniti e tubercolosi).
Malattie auto-immunitarie. È noto che l’IPF può comparire come complicanza di malattie auto-immunitarie, ovvero condizioni in cui l’organismo sviluppa anticorpi contro se stesso. Tra tali patologie sono sospettate soprattutto la sclerodermia, il lupus eritematoso sistemico, l’artrite reumatoide, la polimiosite e la dermatomiosite.
Malattia da reflusso gastro-esofageo. Una patologia spesso riscontrata nei pazienti con IPF è la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE): oltre a ridurre ulteriormente la qualità di vita di chi è già interessato dalla malattia, questo disturbo digestivo potrebbe contribuire all’insorgenza della fibrosi. Si sospetta che la continua micro-aspirazione nelle vie respiratorie del liquido gastrico possa attivare la fibrosi del tessuto polmonare. Di fatto, si osserva la contemporanea presenza di IPF e MRGE nel 60% dei casi.
Farmaci
Un effetto analogo può essere determinato da alcuni farmaci, come per esempio, l’amiodarone (indicato nei pazienti con fibrillazione atriale) o il propanololo (un betabloccante impiegato contro l’ipertensione e l’angina) e da alcuni chemioterapici (in particolare, metotrexato e ciclofosfamide). Va precisato, tuttavia, che i benefici clinici derivanti da questi farmaci sono di gran lunga superiori al possibile rischio di IPF associato alla loro assunzione. Un’ulteriore fonte di danno polmonare è la radioterapia al torace, necessaria per la cura di alcune neoplasie.
Cause genetiche
Rispetto al passato, si dà ora più importanza a una causa genetica della malattia. Diversi studi sostengono infatti l’ipotesi di una predisposizione genetica alla fibrosi polmonare. In particolare, potrebbero essere coinvolte alterazioni dei geni correlati alla produzione di proteine tensioattive, che altererebbero la funzionalità degli alveoli polmonari (le strutture del polmone dove avvengono gli scambi gassosi) o quelli che porterebbero a un’aumentata secrezione cronica di muco. Studi interessanti stanno poi valutando le alterazioni dei geni che favorirebbero l’invecchiamento cellulare. Complessivamente, i fenomeni genetici potrebbero contribuire allo sviluppo di un tessuto bronco-polmonare alterato, che diverrebbe più suscettibile a micro-lesioni ricorrenti provenienti da diversi potenziali fattori ambientali.