La fibrosi polmonare idiopatica ha un impatto negativo sullo stato nutrizionale di chi ne è affetto. Il decorso della malattia porta spesso a una progressiva perdita di peso e a una riduzione della massa muscolare.
Per questo è importante porre particolare attenzione alle proprie abitudini alimentari e al proprio stile di vita, seguendo i consigli dei medici esperti nella gestione di questa malattia.
Nei pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica (IPF) – malattia polmonare interstiziale fibrosa di eziologia sconosciuta caratterizzata da progressione rapida e prognosi scarsa1 – non solo nel processo diagnostico ma anche durante il follow-up è importante la valutazione dello stato nutrizionale2, poiché il decorso clinico è spesso caratterizzato da progressiva perdita di peso e riduzione della massa muscolare (sarcopenia)3. Diversi fattori possono avere un impatto negativo sullo stato nutrizionale del paziente con IPF, tra i quali un aumento del carico muscolare respiratorio, il rilascio di mediatori infiammatori, l’ipossiemia e l’inattività fisica4.
L’alimentazione nei pazienti con IPF, inoltre, ha implicazioni sulla qualità di vita, come per esempio riguardo alla tolleranza dei possibili effetti collaterali gastrointestinali (nausea, diarrea) che possono derivare dal trattamento con gli attuali farmaci antifibrotici e che possono interferire con l’assunzione e l’assorbimento degli alimenti. Tuttavia, raccomandazioni dietetiche e posologiche possono svolgere un ruolo efficace nel trattamento di tali disturbi2. Va sottolineato che non solo la “spirale discendente” della malattia polmonare sottostante può influenzare lo stato nutrizionale, ma anche le anomalie nutrizionali possono avere un impatto sugli esiti clinici. Per esempio, un basso indice di massa corporea (IMC), la malnutrizione e la perdita di peso corporeo sono stati associati all’aumento della mortalità5,6. Questo tipo di pazienti con massa muscolare ridotta e stato nutrizionale più compromesso tende a entrare in un circolo vizioso che li porta a sensazione di dispnea e quindi ad avere una vita più sedentaria, riducendo le proprie attività della vita quotidiana e influendo sulla qualità di vita giornaliera7.
In effetti, in termini di fenotipo, vi è un’alta percentuale di pazienti in sovrappeso/obesi (sovranutrizione), causa di fragilità8. In tal senso, la prevalenza di pazienti obesi è stata riportata in due studi pari al 34% e al 46%8,9. Non sono ancora disponibili consigli nutrizionali e dietetici specifici per i pazienti con IPF2, ma l’implementazione di un processo di cura nutrizionale può essere utile soprattutto in quei pazienti con IPF che sono già malnutriti o a rischio di malnutrizione, che porta a una composizione corporea alterata (diminuzione della massa libera dal grasso) che a sua volta induce una ridotta funzione fisica e mentale e un peggiore esito clinico dalla malattia6.
Da un punto di vista pratico, lo stato nutrizionale può essere valutato considerando l’assunzione alimentare e la storia medica incentrata sulla nutrizione, segni e sintomi fisici legati all’alimentazione, il dispendio energetico, la composizione corporea (pletismografia), il metabolismo basale, esami di laboratorio, test funzionali e il livello di attività fisica2. Fondamentale è inoltre, la valutazione della forma fisica legata alla salute, in quanto fornisce informazioni rilevanti sulle funzioni del corpo valutando la forza muscolare, le prestazioni fisiche e la tolleranza all’esercizio fisico2.
A tale proposito, è stata osservata un’associazione inversa tra forza di pugno (handgrip) ed età o dispnea4. Inoltre, una maggiore distanza a piedi di sei minuti (6MWD) è stata associata a ridotta dispnea, migliore qualità della vita e minore mortalità10. Considerando che non ci sono linee guida sul follow-up nutrizionale nei pazienti con IPF, tale valutazione dovrebbe essere fatta a intervalli regolari in tutti i pazienti con IPF2. In ogni caso, le linee guida cliniche per la gestione della malattia11,12 dovrebbero includere raccomandazioni per le anomalie nutrizionali associate2. Appare inoltre chiaro che è necessario un approccio multidisciplinare non solo nel processo diagnostico, ma anche nelle fasi di follow-up e avanzate della malattia, in modo che vari specialisti siano coinvolti nella cura multidisciplinare dell’IPF, compresi nutrizionisti (medici e dietologi) e specialisti della riabilitazione oltre a pneumologi, infermieri e psicologi13.